Maria Turchetto
economia e società - materiali del corso

 

Thomas Robert Malthus

Sul principio di popolazione*

 

Penso di potere formulare in tutta onestà due postulati.

Primo, Che il cibo è necessario all'esistenza dell'uomo.

Secondo, Che la passione tra i sessi è necessaria e che press'a poco resterà nello stato attuale.

Sin dal più lontano passato dell'umanità, queste due leggi paiono esser state leggi fisse della nostra natura; e poiché fino ad ora non abbiamo mai osservato una loro alterazione, non abbiamo il diritto di pensare che esse mai cesseranno di funzionare [...]

Considerando dunque ammessi i miei postulati, affermo che il potere di popolazione è infinitamente maggiore del potere che ha la terra di produrre sussistenza per l'uomo.

La popolazione, quando non è frenata, aumenta in progressione geometrica. La sussistenza aumenta soltanto in progressione aritmetica. Una familiarità anche superficiale con i numeri mostrerà l'immensità del primo potere a paragone con il secondo.

Per quella legge della nostra natura che rende il cibo necessario alla vita dell'uomo, gli effetti di questi due poteri ineguali debbono essere mantenuti eguali.

Ciò implica l'esistenza di un freno forte e costantemente operante che agisce sulla popolazione per la difficoltà di sussistenza. Questa difficoltà deve risentirsi in qualche luogo, ed è necessariamente sentita in modo grave da una larga parte dell'umanità.

Attraverso i regni animale e vegetale, la natura ha sparso dappertutto i semi della vita con mano quanto mai prodiga e generosa. Essa è stata relativamente parsimoniosa nel fornire lo spazio e il nutrimento necessario per allevarli. I germi di vita contenuti in questo pezzetto di terra, con abbondante cibo e spazio per espandersi, riempirebbero milioni di mondi nel corso di poche migliaia di anni. Ma la necessità, questa imperiosa legge di natura che tutto pervade, li limita entro i confini prescritti. La razza delle piante e la razza degli animali si contraggono sotto questa grande legge restrittiva. E la razza umana non può sfuggirle per quanti sforzi faccia con la sua ragione. Tra le piante e gli animali i suoi effetti sono la dispersione del seme, la malattia e la morte prematura. Tra gli esseri umani, la miseria e il vizio. Il primo, la miseria, ne è una conseguenza assolutamente necessaria. Il vizio ne è una conseguenza assai probabile, e ne possiamo perciò constatare l'ampia diffusione; tuttavia non lo si dovrebbe forse ritenere una conseguenza strettamente necessaria. L'ordalia della virtù è di resistere tuttele tentazioni al male.

Questa naturale diseguaglianza dei due poteri, di popolazione e di produzione da parte della terra, e quella grande legge della nostra natura che costantemente deve mantenere in equilibrio i loro effetti, costituiscono la grande difficoltà, che a me pare insormontabile, sulla via che conduce alla perfettibilità della società. Tutte le altre argomentazioni sono di importanza scarsa e subordinata a paragone di questa. Non vedo alcuna via per la quale l'uomo possa sfuggire al peso di questa legge che pervade tutta la natura animata. Nessuna sognata forma di eguaglianza, nessuna legge agraria spinta al massimo grado, potrebbero rimuovere la pressiobe anche per un solo secolo. Ed essa appare dunque decisiva per negare la possibile esistenza di una società nella quale tutti i suoi membri possano vivere con agio, felicità e relativo ozio e riposo, e non sentire l'ansia di procurare mezzi di sussistenza per sé e per le proprie famiglie.

[...]

Se la popolazione e gli alimenti fossero aumentati al medesimo saggio di incremento, è probabile che l'uomo non sarebbe mai uscito dallo stato selvaggio [...] Sembra assai probabile che anche le difficoltà provocate dalla legge della popolazione tendano più a promuovere che a ostacolare il compimento del fine generale della Provvidenza. Tali difficoltà stimolano universalmente gli sforzi e contribuiscono a creare quell'infinita varietà di situazioni, e perciò di impressioni, che sembra nel complesso la condizione più favorevole allo sviluppo della mente. [...] Gli sforzi che gli uomini si trovano costretti a compiere per mantenere se stessi o le loro famiglie spesso risvegliano facoltà che altrimenti sarebbero potute rimanere per sempre inattive; e spesso si è rilevato che situazioni nuove e fuori dell'ordinario creano di solito menti adeguate a far fronte alle difficoltà in cui si trovano implicate.

[...]

L'idea che le impressioni e gli eccitamenti di questo mondo siano gli strumenti mediante i quali l'Essere Supremo forma la mente dalla materia, e che la necessità di un costante sforzo per evitare il male e per perseguire il bene sia la molla principale di queste impressioni e di questi eccitamenti, sembra appianare molte delle difficoltà che la contemplazione della vita umana ci presenta; e mi sembra anche poter fornire una ragione soddisfacente dell'esistenza del male naturale e morale, e conseguentemente di quella parte di entrambi, certamente non piccolissima, originata dal principio di popolazione [...] Il male esiste nel mondo per creare l'attività, non la disperazione.


 

* I brani sono tratti da T. R. Malthus, Saggio sul principio di popolazione (1798), Einaudi, 1977, cap. I, pp.12-15 e cap. XVIII, pp. 175-178.