Maria Turchetto
economia e società - materiali del corso

 

Adam Smith (1723-1790)*

da "Una ricerca sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni"

Cap. 1: Del sistema commerciale e mercantile

 

Che la ricchezza sia rappresentata dalla moneta, ossia dall'oro e dall'argento, è un'opinione diffusa che deriva naturalmente dalla duplice funzione della moneta, e come mezzo di scambio e come misura del valore. Data questa sua natura di mezzo di scambio, è possibile ottenere qualunque cosa di cui si abbia bisogno più facilmente con la moneta che con qualsiasi altra merce. Il problema essenziale è, quindi, come sempre, quello di avere del denaro. Una volta che lo si abbia non si hanno difficoltà ad effettuare tutta una serie di acquisti. Ma poiché la moneta è anche un mezzo di misurazione del valore, noi valutiamo ogni altra merce in base alla quantità di denaro contro cui essa si scambia. E così si dice che è ricco colui che ha molto denaro e povero colui che ne ha assai poco. Se un uomo è parsimonioso, o desidera diventare ricco, noi diciamo che ama il denaro; invece giudichiamo indifferente al denaro lo spensierato, il generoso o il prodigo. Arricchirsi vuol dire accumulare denaro, e ricchezza e denaro, in definitiva, sono considerati nel linguaggio comune sinonimi, sotto ogni punto di vista.

Un paese, allo stesso modo di un uomo, è considerato ricco quando abbonda di moneta, e accumulare oro e argento è ritenuto il sistema più rapido per rendere ricco ogni paese

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Alcuni sostengono che, se una nazione potesse essere tenuta separata dal resto del mondo, non avrebbe nessuna importanza che la quantità di moneta in circolazione in essa fosse grande o piccola. I beni di consumo, messi in circolazione grazie alla moneta, varrebbero semplicemente contro un numero maggiore o minore di pezzi, ma l'effettiva ricchezza o povertà del paese, costoro affermano, dipenderebbe esclusivamente dall'abbondanza o dalla scarsità dei beni di consumo medesimi. La situazione è ben diversa invece, pensano quegli scrittori, per paesi che hanno rapporti con delle nazioni straniere e che sono obbligati a sostenere delle guerre all'estero ed a mantenere flotte e eserciti in terre lontane. Questo, dicono, non può essere fatto se non inviando denaro all'estero con cui far fronte a queste spese; ed una nazione non può inviare all'estero molto denaro, a meno che non ne abbia una forte quantità in patria. Ogni nazione, dunque, deve cercare in tempo di pace di accumulare oro e argento in modo che, quando le circostanze lo richiedano, possa avere i mezzi con cui sostenere una guerra all'estero.

Sulla spinta di queste opinioni correnti, tutte le nazioni europee hanno escogitato, sebbene con scarsi risultati, ogni possibile mezzo per accumulare all'interno l'oro e l'argento

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Un paese che non possegga miniere sue proprie deve ovviamente acquistare l'oro e l'argento da paesi stranieri, così come quello che non possiede delle vigne deve rifornirsi altrove di vino. Non si vede perché il governo debba prestare maggiore attenzione al primo problema che al secondo. Un paese che possieda i mezzi per acquistare il vino potrà sempre procurarsi il vino di cui habisogno, e un paese che abbia i mezzi per comperare oro e argento non sarà mai privo di questi metalli. Questi ultimi devono essere comperati a un prezzo stabilito, come tutte le altre merci, e dato che essi esprimono il prezzo di tutte le altre merci, a loro volta tutte le altre merci esprimono il prezzo di questi metalli. Noi siamo assolutamente certi che la libertà di commercio, senza alcuna interferenza del governo, ci fornirà sempre il vino di cui abbiamo bisogno, e possiamo essere ugualmente certi che essa ci fornirà sempre tutto l'oro e l'argento che noi possiamo acquistare o impiegare sia per far circolare le nostre merci, sia per altri usi.

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Se, malgrado tutto ciò, ad un certo momento dovessero mancare oro e argento in un paese il quale abbia però i mezzi per procurarseli, si riuscirebbe a sostituire questi metalli più facilmente che qualsiasi altra merce. Se mancano le materie prime per la produzione, infatti, l'industria deve fermarsi; se mancano i viveri, il popolo muore di fame; ma se manca la moneta essa verrà rimpiazzata dal baratto, sebbene con notevoli inconvenienti. Gli acquisti e le vendite a credito, con la compensazione reciproca, mensile o annuale, dei crediti dei vari operatori presenta già minori inconvenienti. Un sistema efficiente di moneta cartacea potrà rimpiazzare la moneta metallica, non solo senza alcun inconveniente, ma, in alcuni casi, anche con qualche vantaggio.

Sotto ogni punto di vista, pertanto, l'attenzione dei governi non fu mai così mal riposta come quando era diretta a mantenere o ad accrescere la quantità di moneta esistente nel paese.

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la ricchezza non è data dalla moneta, ossia dall'oro e dall'argento, ma da ciò che la moneta può procurare; essa ha valore solamente come mezzo di acquisto

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I beni di consumo, si dice, sono assai deperibili, mentre l'oro e l'argento sono per natura più durevoli, e, se non fosse per la continuata esportazione che se ne fa, essi potrebbero essere accumulati per un periodo di tempo indeterminato dando luogo ad un eccezionale aumento della ricchezza reale del paese. Si pensa, quindi, che nulla sia più svantaggioso di un commercio che consista nello scambio di beni così durevoli contro merci così soggette a deterioramento. Tuttavia, non consideriamo svantaggioso lo scambio di utensili inglesi contro vini francesi, anche se gli utensili sono una merce molto durevole che, se non fosse per la continuata esportazione, potrebbe essere accumulata per secoli dando luogo ad un incredibile aumento delle pentole e delle padelle esistenti in un paese. Ma si comprende facilmente che il numero di questi utensili è necessariamente limitato, in ogni paese, dall'uso che si fa di essi; e sarebbe assurdo avere più pentole di quante sono necessarie per consumare i cibi che vengono normalmente consumati; e se la quantità di cibi aumentasse, il numero di pentole si accrescerebbe rapidamente di pari passo, poiché una parte dell'aumentata quantità di viveri sarebbe impiegata nell'acquisto di utensili, ossia nel mantenimento di un numero addizionale di operai, la cui occupazione sarebbe appunto quella di fabbricare pentole. Altrettanto facilmente si dovrebbe comprendere che la quantità di oro e di argento è limitata in ogni paese dall'uso che di questi metalli si fa; che il loro uso, come moneta coniata, consiste nel far circolare le merci, e nel fornire, sotto forma di argenteria e oreficeria, suppellettili per la casa; che la quantità di moneta esistente in ogni paese è regolata dal valore delle merci che essa mette in circolazione: se aumenta questo valore, immediatamente una parte di esso sarà trasferita all'estero per acquistare, dovunque ciò sia possibile, la quantità addizionale di moneta necessaria alla circolazione delle merci; che la quantità di vasellame d'oro e d'argento è regolata dal numero e dalla ricchezza di quelle famiglie che amano concedersi questi lussi: se aumenta il numero e la ricchezza di queste famiglie, una parte di questa ricchezza addizionale sarà con tutta probabilità impiegata per acquistare, dovunque ciò sia possibile, un'ulteriore quantità di argenteria; che cercare di accrescere la ricchezza di un paese, sia introducendo che trattenendo in esso un'inutile quantità di oro e d'argento, è altrettanto assurdo che cercare di accrescere il benessere di una famiglia obbligandola ad avere un numero eccessivo di utensili da cucina. Dato che la spesa per l'acquisto di questi utensili diminuirebbe anziché accrescere la quantità o la qualità del vitto delle famiglie, allo stesso modo la spesa per l'acquisto di quantità non necessarie di oro e di argento deve ovviamente far diminuire la ricchezza che viene impiegata per nutrire, vestire, alloggiare e dare un'occupazione alla popolazione. L'oro e l'argento, sia nella forma di moneta coniata che di suppellettili, sono degli utensili, è bene ricordarlo, allo stesso modo che la batteria da cucina. Se aumenta l'uso di questi metalli, se aumentano i beni di consumo che grazie ad essi sono messi in circolazione, usati e fabbricati, infallibilmente ne aumenterà anche la quantità, che in questi metalli non può mai essere maggiore di quella richiesta dall'uso dei metalli stessi.

Se l'oro e l'argento dovessero essere accumulati in quantità eccessive, il loro trasporto diverrebbe così facile e la perdita che deriva dal loro mancato impiego così grande, che nessuna legge potrebbe impedirne l'immediata fuga all'estero.

Non è sempre necessario accumulare oro e argento perché un paese possa sostenere una guerra all'estero e mantenere flotte ed eserciti in paesi lontani. Una flotta o un esercito si mantengono non con l'oro e l'argento, ma con i beni di consumo. Il paese che dal prodotto annuo della propria industria nazionale e dal reddito che deriva dalla terra, dal lavoro e dalle sue scorte trae i mezzi per acquistare beni di consumo in paesi lontani, può anche sostenere il costo di una guerra all'estero.


 


 

* I brani seguenti sono tratti dall'antologia W. R. Allen (a cura di), La teoria del commercio internazionale da Hume a Ohlin, Etas Kompass, Milano 1968