|
DELEGA IN BIANCO
È un po’ di tempo che mi dico: via, devo scrivere qualcosa sul Jobs Act.
E poi penso: chissà che palle leggerselo tutto, su una materia così
importante saranno paginate e paginate… Beh, oggi mi sono decisa e l’ho
scaricato. Sorpresa: poco più di tre paginette.
Bene, direte voi, è lo stile di Renzi: veloce, conciso, senza lungaggini
burocratiche. No, ragazzi. Le lungaggini burocratiche ci sono tutte,
sicché se le levate resta ancora di meno. È un testo breve – anzi,
brevissimo considerando come sono di solito le leggi – perché non c’è
scritto nulla. Una scatola vuota.
Bene, direte voi, così non si fa male nessuno. No, ragazzi, per una
legge delega non va affatto bene. È come se il parlamento avesse detto
al governo: in materia di lavoro, fate un po’ come vi pare. È una delega
in bianco, più che una legge delega. Perché l’art: 76 della Costituzione
ammette la legge delega soltanto «con determinazione di principi e
criteri direttivi […] e per oggetti definiti». E nel Jobs Act di
determinato e di definito c’è poco o nulla.
Non va mica bene, sapete? Vi faccio due esempi, su due punti
particolarmente importanti di cui questa legge finge di occuparsi.
Il contratto a tutele crescenti. Non è un’invenzione di Renzi,
sono anni e anni che se ne parla: chi diceva che avrebbe ridotto il
precariato, chi al contrario che lo avrebbe esteso – anzi,
“universalizzato”. Ma erano tutte ipotesi, finché una legge in materia
non c’era. E ora che la legge c’è? Sono ipotesi anche ora. Il Jobs Act,
infatti, dedica all’argomento un comma di una riga e mezza: «previsione,
per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele
crescenti in relazione all’anzianità di servizio». Non c’è scritto
altro. Che vuol dire? In cosa consistono queste tutele crescenti? In che
tempi si susseguono? Non si sa. Deciderà il governo senza che se ne
discuta in parlamento.
I licenziamenti. Ormai lo sappiamo, perché almeno di questo
argomento si è parlato: il reintegro sarà possibile per i lavoratori
licenziati per motivi discriminatori e disciplinari, mentre per i
licenziamenti economici non c’è reintegro ma solo indennizzo. Ma che
indennizzo? È importante, non è mica una cosa di poco conto: perché se
l’indennizzo corrispondesse – poniamo – a tre mensilità di retribuzione,
la misura si tradurrebbe in un incentivo a licenziare; se invece
corrispondesse a tre annualità, potrebbe al contrario scoraggiare i
licenziamenti. Ma non si sa. Deciderà il governo senza che se ne discuta
in parlamento.
Altro che velocità e concisione, lo stile di Renzi è questo: spostare il
potere dal parlamento al governo. Rafforzare l’esecutivo. Alla faccia
della democrazia.
Maria Turchetto
Il Vernacoliere,
gennaio 2015
|