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Più che un filosofo è un teologo (così almeno si definisce). Ma fa poca differenza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’Ateo, n. 1/2012 (79)
recensione

Morbido fluff
Vito Mancuso, Io e Dio. Una guida dei perplessi,
Garzanti, Milano 2011, pp. 488, € 18.60

 

Di solito non leggo libri di argomento religioso – non riesco proprio a provare interesse per i discorsi a vanvera. Ma il titolo del saggio di Vito Mancuso mi ha colpita: Io e Dio. Ma come! Alle elementari la maestra mi sgridava se iniziavo le frasi con espressioni del tipo “io e la mamma…”, “io e Carletto…”. È maleducazione, mai passare davanti, mai mettersi al primo posto, la buona creanza impone di scrivere “la mamma e io…”, “Carletto e io…”. Sapete bene (i preti lo sanno benissimo) come rimangono impressi gli insegnamenti ricevuti da bambini. Sicché, quando ho visto questo Mancuso violare un tabù del bon ton e fare lo screanzato addirittura con Dio, ho fatto un salto! E ho comprato il libro.
L’ho anche letto – almeno leggiucchiato, perché quasi cinquecento pagine di aria fritta sono davvero troppe da leggere per filo e per segno. L’ho letto comunque abbastanza per capire che in realtà l’“Io” di cui parla Mancuso non è Mancuso stesso, ma un’ambigua nozione (le ambiguità del linguaggio sono il pane e il companatico del Nostro) che a volte indica “il mondo” o “la vita”, a volte un vago problema di “identità”. Dunque l’etichetta è rispettata e la forma è salva – almeno nei confronti di Dio, perché, come dirò in seguito, con altre persone Mancuso si mostra assai poco rispettoso. Quanto alla sostanza del libro, è davvero impalpabile. “La sostanza di cui sono fatti i sogni”, direte voi (mica perché leggete Shakespeare, birichini: perché vi hanno martellato per mesi con la pubblicità della Giulietta). No, dico io: a me il libro di Mancuso ricorda piuttosto la sostanza di cui sono fatti i pannolini, il poliacrilato di sodio ribattezzato fluff negli spot televisivi.
Ecco: un libro di morbido fluff, che tutto assorbe e tutto deodora. Assorbe ad esempio atei, laici e miscredenti per trasformarli in spiriti inquieti – perplessi, come recita il sottotitolo – alla ricerca di Dio: scienziati come Albert Einstein e Alfred North Whitehead, logici come Ludwig Wittgenstein (sì, proprio quello che diceva “su ciò di cui non si può parlare si deve tacere”: non si può proprio dire che Mancuso abbia recepito la lezione, visto come affoga il filosofo austriaco in un mare di chiacchiere), paladini della ragione come Norberto Bobbio. Povero Bobbio, Mancuso si è addirittura appollaiato sul suo letto di morte – proprio come fanno i preti – per aspettare che con gli ultimi rantoli uscisse magari anche una qualche banalità da giocare contro tutta una vita da ateo e razionalista dichiarato! A questo mi riferivo dicendo che Mancuso manca di rispetto a parecchie persone. Ma tant’è: non gli si scappa. Basta che ti sfugga in qualche contesto la parola “mistero” ed eccoti reclutato tra i perplessi da guidare ad majorem Dei gloriam.
Bene, veniamo al dunque, al succo, al messaggio del libro – che è presto detto. Se il “mondo” e la “vita” vi sembrano ammantati di mistero, se vi fate insomma le solite Grandi Domande oziose (vedi elenco completo a p. 41), la risposta è Dio. Se sentite bisogno di avere un’ “identità”, intesa come “punto d’appoggio della vita, quello stesso punto che Archimede cercava per sollevare il mondo quando scoprì il principio della leva” (p. 443), la risposta è Dio. Se poi questo dio è anche uno e trino e si è incarnato in un certo Gesù-Yeshua (Mancuso se la tira troppo per chiamarlo semplicemente Gesù Cristo), meglio ancora. Ma senza essere troppo dogmatici, se no si passa per fessi.
Tutto qua. E come si fa a riempire cinquecento pagine girando intorno a quest’aria fritta? È solo questione di mestiere. I parolai hanno mille risorse. Tanto per cominciare, le Grandi Domande oziose possono essere girate, rigirate e riproposte in decine di diverse varianti (tanto la risposta è sempre Dio). Poi ci si mettono tante citazioni, e bisogna ammettere che Mancuso ha lavorato sodo per pescare negli autori più impensati una frase bislacca che risultasse compatibile con le sue menate – cita pro domo sua perfino quel senzadio di Nietzsche, non vi dico altro! Poi le etimologie, che fanno sempre effetto: nel libro di Mancuso ce n’è a bizzeffe, alcune vere, altre buttate un po’ là, ci sono quelle fantasiose à la Heidegger e perfino quelle infondate che conoscono solo i medievisti (quelle che hanno fatto la fortuna de Il nome della rosa di Umberto Eco, per intenderci). Poi il bignamino delle prove dell’esistenza di Dio, e – perché no? – un bel compendio dei Sacri Testi reinterpretati da Mancuso, dalla Bibbia all’“incontro con Gesù”, anzi con il signor Yeshua ben Yosef tanto per far vedere che si conosce la ricerca storica sul personaggio e non solo il catechismo. Mancuso è un vero professionista: gli dai due frasette e lui le monta a neve e le farcisce fino a ottenerne un parallelepipedo di carta del peso di 250 grammi, che ha davvero tutta l’apparenza del libro.
Ma che un libro propriamente non è. Ve lo dico io che modestamente di libri me ne intendo abbastanza: ne ho letti, studiati, recensiti migliaia. Sono una lettrice appassionata e avida, mi attacco ai libri come una sanguisuga e ne ricavo tutto quello che si può ricavare. Ma dal libro di Mancuso non ho ricavato proprio niente. Perché è un tipico libro per non lettori, di quelli che si comprano non per leggere ma per posare sul tavolino basso del salotto e lanciare un messaggio agli ospiti di passaggio. “Guarda, sono una persona colta, leggo saggistica, mica romanzetti rosa”. “Guarda, non sono un anarchico insurrezionalista senzadio, ti puoi fidare, sono un credente”. “Guarda, sono un credente perplesso e intelligente, non una stupida beghina”. Messaggi che possono far comodo quando vengono in casa i genitori degli amici dei figli, il capufficio, il prete a benedire. Poi, dopo un mesetto, quando i giornali e le classifiche (perché non so se ci avete fatto caso, ma proprio i libri di questo genere diventano best seller) non ne parlano più, il libro per non lettori viene tolto di lì e può finalmente palesare la sua vera natura di parallelepipedo di carta, andando per esempio a pareggiare la gamba di un tavolo.

Maria Turchetto