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Il Vernacoliere, gennaio-febbraio 2004
la recensione del turco

Telefono azzurro
Salvatore Veca, Il giardino delle idee. Quattro passi nel mondo della filosofia,
Edizioni Frassinelli, 2004, pp. 239, euro 13,50

I filosofi, da un po' di tempo, non se li fila nessuno. E loro ci soffrono, non si rassegnano. Tutte le provano, pur di farsi notare: strillano, si fanno intervistare su qualsiasi argomento (Severino, per esempio, su fecondazione e contraccezione: cose da pazzi!), organizzano sagre, salgono sui treni e importunano i pendolari con i loro discorsi. Non sanno più cosa inventarsi.
E ora prendono di mira i bambini. E a questo punto si esagera, occorre una ferma denuncia. Dico, ci sono già i preti a riempire quelle povere menti innocenti di misteri, esseri perfettissimi uni e trini, transustanziazioni e resurrezioni: arriva Salvatore Veca e ci vuole ficcare anche il principio antropico, le geometrie non euclidee, un po' di logica formale, Hegel, Kant, Husserl, Nagel, Neurath, Popper, Quine e chi più ne ha più ne metta. PIANO! Gli fai male! Aspetta almeno che abbiano imparato le tabelline...
E' una vergogna. Sentite qua come questo vecchio vanitoso adesca la nipotina Camilla: "Dobbiamo fare una passeggiata nel mondo fatato dei numeri" (p. 50). La bambina è sana, per lo più reagisce bene: "Ma come faccio a fare una passeggiata nella matematica [...]? Come si fa a passeggiare dentro la matematica? Non è mica una strada la matematica, o no?" (p. 51). Ma ci vuol altro a zittire il nonno parolaio (se lo dice da sé, cfr. p. 201): "ti assicuro che quando avrai imparato bene l'aritmetica, i numeri e le operazioni che ci si possono fare, vedrai che le verità matematiche dipendono da com'è fatta la matematica e da nient'altro" (pp. 51-52). E ancora non molla: "l'importanza della verità si dimostra esaminando le più importanti concezioni e teorie [...] che mettono in relazione la faccenda della verità con un sacco di altre questioni: realismo e antirealismo, coerentismo, pragmatismo, e poi minimalismo e deflazioniamo, e poi..." (pp. 60-61).
Professor Veca, la smetta. Se vuol darsi delle arie, se vuol fare l'esibizionista, se vuol fare a chi la sa più lunga, venga qui da noi adulti e lasci stare la bambina. Non le hanno detto che ai bambini di quell'età non si può dare l'alcol? E nemmeno lo Spirito? Non ha letto nulla di psicologia evolutiva? No, direi: nella roboante lista dei filosofi, degli scienziati e dei poeti (pp. 227-240, da Anselmo d'Aosta a Wittgenstein) che ha preparato per la piccola Camilla vedo che Piaget non figura. Beh, vede, al di là di tutto - al di là del fatto che non ha diritto di tediare a morte un'innocente - il problema è che i bambini dell'età di Camilla non vagliano criticamente ciò che viene loro detto. I bambini dell'età di Camilla fondamentalmente imitano gli adulti. Ora, cosa succederà quando Camilla andrà all'asilo (da come parla non credo frequenti già le elementari) e dirà con quel suo fare zuccheroso e bamboleggiante ai suoi piccoli compagni: "Nonnino mi ha insegnato un giochino! Prendiamo la lavagna, chiamiamo `P' la prima delle due componenti e `non P' la seconda. Sopra allora segnamo: P e, a fianco, non P. Per ultimo scriviamo `P o non P'. Poi, sotto, indichiamo se P è vera o falsa. Se è vera, mettiamo V; se è falsa, mettiamo F. E dato che non P è il suo contrario, scriveremo che è falsa quando P è vera e, viceversa, è vera quando P è falsa" (p. 54). Ecco cosa succederà: i compagnucci riempiranno Camilla di botte.
Se la sente davvero di prendersi questa responsabilità, professor Veca? Fare questo a una bambina tanto buona che le dà ancora dei bacini a p. 204, dopo che si è sorbita 11 capitoli delle sue pompose chiacchiere, anziché giocare alle bambole o guardare i cartoni in TV? Via, professore, si dia una regolata. Se no chiamo il telefono azzurro.

Maria Turchetto