|
IL GATTO E LA
VOLPE
Recensione a AIFI,
Quotarsi in borsa, Edizioni Il Sole 24 ore, 1998
Lo so, la pubblicazione che vado
a recensire è vecchiotta, ma è molto interessante leggerla oggi, nel
clima finanziario buio e tempestoso di questi giorni, così diverso da
allora. Tanto più che proprio allora - negli anni '90 - tutto è
cominciato.
Vi ricordate gli anni '80? Che pacchia! I cari, vecchi BOT davano il 10,
11, 12 percento. Ma non si poteva andare avanti, dicevano. Bisognava
abbassare i tassi. Abbassa che ti abbassa, la gente non comprava più i
titoli di Stato e si teneva i soldi sotto il materasso. Male, malissimo!
I soldi devono girare, perché qualcuno deve metterci le mani sopra.
Bene, a quelli che istituzionalmente mettono le mani sopra i
soldi - le banche, chi se no? - venne una bella idea. Si
quotarono in borsa. Le banche più grosse, a quei tempi, erano pubbliche
- Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano, Banco di Roma, Istituto
San Paolo e via dicendo. Vennero privatizzate - insieme a qualche altro
baraccone di Stato - cioè trasformate in spa, e ci fu una gran campagna
pubblicitaria per convincere i risparmiatori a tirar fuori i soldi da
sotto il materasso e a comprare le azioni. Azionariato popolare,
public companies, ve lo ricordate? Ricompratevi la vostra roba,
cittadini! Tutti i giornali - di destra, di sinistra, di centro -
battevano la grancassa.
Beh, il colpo riuscì. Incredibile: i risparmiatori - perfino le vecchine!
- abboccavano. Compravano azioni, "capitale di rischio": in
Italia, non l'avevano mai fatto. Le banche privatizzate si beccarono una
marea di quattrini. Furono generose: estesero questa nuova possibilità
di fare soldi a un sacco di imprese - specialmente a quelle che si erano
indebitate con loro, beninteso. In cambio, escogitarono la maniera di
farci sopra una bella cresta.
Un po' di leggi, un po' di interventi della Banca d'Italia, un po' di
trucchi, misero su il trappolone. Prima di tutto, una bella
pasturazione, con un lunghissimo (senza precedenti!) rialzo dei titoli
azionari. Poi un vero e proprio esercito di "promotori finanziari", cioè
piazzisti di titoli, per meglio convincere i risparmiatori - e quelli,
ve li ricordate? telefonavano, sonavano alla porta, ti fermavano per la
strada: peggio dei testimoni di Geova! Poi le banche stesse presero il
posto dei vecchi "agenti di borsa" nel mestiere di quotare i titoli, e
organizzarono le cose in modo che il mestiere rendesse più di prima. E
infine convinsero quante più imprese potevano - ma proprio tante, eh!
perfino il chiccaio qui all'angolo - a quotarsi in borsa.
Ed eccoci finalmente - scusate se l'ho fatta un po' lunga - al libretto
dell'AIFI, che spiega appunto al chiccaio - o alla Parmalat, se
preferite - come quotarsi in borsa. Leggiamolo insieme.
Che cos'è l'AIFI, innanzitutto. E' l'"Associazione Italiana degli
Investitori Istituzionali nel Capitale di Rischio" (p.1), cioè
"istituzioni finanziarie [...] che, attraverso l'utilizzo di
disponibilità proprie o di terzi, stabilmente e professionalmente
effettuano investimenti in aziende sotto forma di capitale di rischio
[...] con l'obbiettivo di realizzare guadagni di capitale a fronte di
tale attività" (p. 26). Ve lo traduco? Speculatori
professionisti, banche soprattutto, tra le quali le ex pubbliche da cui
siamo partiti hanno un certo spicco.
Bene, dice l'AIFI nel primo capitolo, quotarsi in borsa ha vantaggi per
tutti (cfr. specchietto a p. 5) e svantaggi solo "presunti" (p. 11).
Vantaggio numero uno: "reperimento di capitali per progetti di crescita"
(p. 6, traduco: beccate subito un sacco di soldi, anche se il titolo
crolla il giorno dopo sono cazzi di chi li ha comprati, voi intanto
avete incassato). Vantaggio numero due: "rafforzamento della struttura
finanziaria" (p. 5, traduco: se vi quotate, poi potete farvi prestare
ancora degli altri soldi dai risparmiatori emettendo bond zero coupon,
drop lock, cum warrant - bellini, eh? ci si
pensa noi a piazzare questi acchiappacitrulli). L'unico svantaggio
(presunto, per carità, solo presunto) potrebbe essere
l'"eventuale perdita di controllo derivante dal rischio di 'scalate'
ostili", ma vi si dice subito come fare: "il pericolo è scongiurabile
conferendo fin dall'inizio il pacchetto di controllo (51% del capitale)
a una holding non quotata" (p. 13). Mi dirai: ma perché devo fare
una holding? non basta che il pacchetto me lo tenga io?
Pallino, l'AIFI la sa più lunga di te: metti che un domani ti servono
altri soldi, puoi quotare anche la holding - dandone il pacchetto
di maggioranza a un'altra holding. Poi quoti la seconda
holding ecc. ecc. Doppio vantaggio: ogni volta becchi quattrini e
alla fine hai creato un casino tale di scatole cinesi che nemmeno Gesù
Bambino riuscirà a capire dove li hai messi.
Andiamo avanti. Requisiti che l'impresa deve avere per quotarsi in
borsa, capitolo due. I "requisiti sostanziali" sono impegnativi: "trend
storico del fatturato in costante crescita, congruo livello di cash
flow, perseguimento degli obbiettivi di budget, buon
potenziale di crescita dimensionale e buona redditività prospettica" (p.
17). Ve lo traduco subito - certo, il gergo comincia a diventare un po'
ostico: può quotarsi in borsa l'impresa che guadagnò, guadagna e
guadagnerà e per di più ha sempre liquidità. Caspita! Non è mica facile.
Un'impresa normale ha costi e ricavi, prima i costi e poi
i ricavi, speriamo bene coprano i costi, ma certo avere anche la
liquidità nell'attesa... Niente paura, siete in mano all'AIFI. Anzi,
guarda, prendi uno dell'AIFI come socio: "la presenza di un qualificato
investitore istituzionale nel capitale comporta un miglioramento
dell'immagine nei confronti del mercato finanziario, oltre che un
miglioramento dello standing creditizio nei confronti delle
banche" (p. 27). E' una questione di immagine, hai capito? Allora
guarda, prendi un po' di partecipazioni di questo, un po' di quello, ti
piace viaggiare? pigliati anche una società di viaggi; e il calcio, ti
piace? poi un po' di telematico, fa figo... Differenzia, differenzia. Mi
dici alla fine, con tutto questo differenziare, chi è in grado di dire
se sei in guadagno o in perdita o se hai liquidità? Hai visto? Che fai,
ora, piangi perché ti ho rifilato un po' di azioni della Cirio? Ma via,
che sarà mai! Vedrai che tanto poi paga Pantalone!
E adesso viene il bello. Di' la verità, ti piace la faccenda. Beh,
guarda, non si può mica avere gratis. Capitoli tre e quattro: i
mediatori e quanto costano. Devi avere uno sponsor. Scegli
nell'elenco ufficiale, tanto siamo sempre noi, quelli dell'AIFI. Poi ti
servono un global coordinator, cioè un "intermediario che svolge
attività di consulenza e assistenza nella preparazione dell'intera
operazione" (p. 37), sempre uno di noi; un lead manager che si
occupa del collocamento dei titoli e uno o più co-manager che gli
danno una mano - sì, siamo sempre noi, alla fine ci siamo dentro tutti.
Ci occuperemo di Initial public offering (p. 36), marketing,
roadshow (pp. 40-41), pricing, due diligence (p.
41), scriveremo quintali di comfort letters (p. 46). Eh?
Vuoi sapere perché parlo così? ma perché vi devo pure un po' confondere,
a te e al tuo cugino ragioniere che ti tiene la contabilità: alla fine
mi dovete dare "circa il 4,5-5% del controvalore totale dei titoli
emessi" (p. 56). Mica male, come mediazione! Ma che t'importa, sono i
risparmiatori che tirano fuori i soldi. Sì, quei fessi lì. Ma li hai
visti? Anche se poi va male, non penserai mica che siano in grado di
chiederteli indietro? Ma che bei Pinocchietti! Vieni vieni, Gatto, vieni
con la Volpe: andiamo a piantare nel campo i loro zecchini.
|