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IL RIGORE NON È UGUALE PER TUTTI

L’UE impone rigorosissimo rigore agli Stati: bilanci in pareggio, ragazzi! O per lo meno disavanzi contenuti. E giù vincoli, controlli, bacchettate, reprimende, multe.
E le banche, dico io? Perché mai le banche non vengono trattate con altrettanto rigore? Sono ben loro a metterci nei guai, sono le loro “sofferenze” a ingoiare quel mare di quattrini rastrellati a furia di tasse, tagli alla spesa pubblica, balzelli e veri e propri taglieggi – come il prelievo dai conti privati imposto a Cipro, misura quanto mai ingiusta perché prescinde completamente dal reddito e dalla capacità contributiva di chi ne fa le spese.
Da un po’ di tempo girano voci allarmanti sulle banche europee: grandi e piccine sono quasi tutte sottocapitalizzate. Significa, in pratica, che la dotazione di capitale risulta ben misera rispetto al giro d’affari in azioni, obbligazioni e derivati. Un esempio: il capitale di Deutsche Bank è di 55,75 miliardi di euro, mentre le sue attività di trading ammontano a 2.241 miliardi; dunque il capitale rappresenta circa il 2,5% degli affari a rischio della banca, il che significa che una modesta perdita del 3% sul portafoglio in titoli si mangerebbe l’intero capitale. Proporzioni del genere sono ormai la regola per le banche europee (a quanto pare, Monte dei Paschi di Siena non era poi un’eccezione): migliaia di miliardi (vale a dire cifre grandi quanto il PIL di un intero paese) di trading a rischio contro decine di miliardi di capitale. Traggo questi dati da un bell’articolo di Vladimiro Giacché significativamente intitolato Nelle banche tedesche e francesi è nascosta una bomba ad orologeria [1]: Giacché ritiene probabile “che la prossima crisi in Europa sarà una crisi bancaria”.
Quando c’è un allarme, si dovrebbe correre ai ripari. Fare qualcosa. E qualcosina in effetti si potrebbe fare – anche senza arrivare a chiudere le Borse, espropriare i patrimoni bancari, abolire il denaro, instaurare la dittatura del proletariato e mandare i finanzieri a lavorare in miniera. Sì, qualcosina di compatibile con il capitalismo si potrebbe anche fare. Si potrebbe pensare a una sorveglianza bancaria europea, e qualche timido passo in questa ragionevole direzione è anche stato fatto: ma la Germania rema contro, non vuole intromissioni, chiede rinvii – e si sa, se la potente Germania non vuole, ben difficilmente gli altri paesi europei la spunteranno. Si potrebbero regolamentare i derivati, principali responsabili del lievitare dei portafogli bancari per il loro “effetto leva”. Macché: non se ne parla nemmeno. Si potrebbero separare le banche commerciali dalle banche d’affari, e sottoporre queste ultime a controlli più rigidi: macché, neppure quello.
Ma insomma, perché tanta severità nei confronti degli Stati e dei bilanci pubblici e tanta allegra manica larga nei confronti delle banche? Non ci resta che pensar male. Altro che Europa dei cittadini, questa è l’Europa delle banche, in cui gli Stati sono chiamati a rastrellare soldi e i cittadini ad essere munti fino allo stremo. Perché i cittadini possono anche crepare di fame e di stenti, ma le banche – ormai lo sappiamo e lo abbiamo imparato a memoria, anche se non abbiamo mai capito perché – eh! le banche non possono fallire.

[1] http://keynesblog.com/2012/10/09/nelle-banche-tedesche-e-francesi-e-nascosta-una-bomba-ad-orologeria/

Maria Turchetto
Il Vernacoliere, aprile 2013