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Il Vernacoliere, settembre 2005
la recensione del turco

 

Era meglio morire democristiani
Camillo Ruini, Nuovi segni dei tempi. Le sorti della fede nell'età dei mutamenti,
Mondadori, Milano 2005, 83 pagine, 10.00 euro.

Datemi retta: delle sorti della fede, a questa po' po' di ghigna, non gliene potrebbe importare di meno. Quello che gli importa è il potere: comandare a bacchetta l'intera classe politica italiana. Dico, l'avete sentito, negli ultimi tempi? Non fa più omelie, fa comizi, in cui di devozione e carità cristiana c'è ben poco, mentre ci sono veri e propri programmi di governo: dettagliate richieste (anzi, pretese) in tema di finanziaria, welfare, sanità, scuola, droga, criminalità.
Questo libretto, del resto, è molto chiaro. Il nostro porporato si interroga su quali "atteggiamenti assumere dopo la fine dell'unità politica dei cattolici" (p. 11). Tradotto dal pretesco: che facciamo ora che non c'è più la DC? Semplice, mandiamo direttamente la CEI al governo. Anche questo, naturalmente, detto in pretesco, cioè con lingua biforcuta: "la Chiesa non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito, come del resto non esprime preferenze per l'una o per l'altra soluzione istituzionale [...] Ma ciò non ha nulla a che fare con una 'diaspora' culturale dei cattolici, con un loro ritenere ogni idea o visione del mondo compatibile con la fede, o anche con una loro facile adesione a forze politiche che si oppongano, o non prestino sufficiente attenzione, ai principi della dottrina sociale della Chiesa" (p. 12). Insomma, la Chiesa non esprime preferenze per nessun partito politico, basta che tutti i partiti facciano quello che dice la Chiesa.
Bella, eh, la lingua pretesca? Ti permette di affermare una cosa e smentirla subito dopo. Ruini poi è un vero virtuoso di questo genere di acrobazie verbali. State a sentire. A p. 42 ci informa che, a partire dalla Gaudium et spes, "lo 'stato di diritto' [...] e la stessa democrazia politica sono oggetto di una chiara e netta preferenza [...] sebbene venga mantenuta la tradizionale apertura della Chiesa alla legittima variabilità dei regimi politici". Insomma, viva la democrazia, ma se c'è un bel fascistone o un governo dei colonnelli da sostenere non sarà certo la Chiesa a tirarsi indietro. E sentiamolo sul tema scienza e religione: brutto affare, perché attraverso la scienza "si fa strada una concezione puramente naturalistica o materialistica" e "la riduzione dell'uomo alla natura, avvenendo per lo più sulla base di un integrale scientismo e naturalismo, non lascia a Dio alcuno spazio reale e pertanto confligge con le stesse religioni, privandole del loro significato" (p. 81). Che fare? "La risposta [...] non può consistere nella semplice riproposizione delle motivazioni classiche dell'umanesimo, o limitarsi a criticare 'dall'esterno' le interpretazioni e le applicazioni degli sviluppi scientifici e tecnologici, sottolineando le loro conseguenze negative o pericolose. I cambiamenti rapidi e profondi che caratterizzano la nostra epoca non possono - e non devono - essere arrestati o neutralizzati: possono però essere orientati in senso favorevole all'uomo e alla sua intrinseca dignità" (pp. 81-82). Traduzione dal pretesco: non si può fermare la scienza con le chiacchiere, bisogna metterla in riga, facendo pressioni sul parlamento e sul governo - come hanno fatto con la procreazione assistita, insomma.
Ma fin qui son solo capriole di routine: il nostro acrobatico cardinale si è giusto riscaldato. Il vero salto mortale lo fa in tema di libertà religiosa. E' una questione su cui la Chiesa cattolica - ammette Ruini - non è mai stata proprio all'avanguardia: prima del Concilio Vaticano II "la libertà religiosa era riconosciuta dalla Chiesa solo come diritto civile, da ammettersi in determinate situazioni storiche. L'argomento principale che veniva addotto [...] era quello classico, riproposto ancora da Pio XII, che soltanto la verità, e non l'errore, può avere diritti: essendo la religione cattolica l'unica vera, le altre religioni di per sé non avrebbero dunque alcun diritto" (pp. 42-43). Ma poi - rullino i tamburi - s'è trovato il modo di conciliare verità e libertà, "individuando così anche la strada per superare quella concezione relativistica della libertà religiosa [...] che domina il panorama culturale dell'epoca moderna: la libertà sociale e civile in materia religiosa, motivata come fa il Concilio, si accorda infatti pienamente con la dottrina del cattolicesimo come unica vera religione e con il dovere morale della persona di ricercare la verità e professarla" (p. 43). Avete capito? No? Lo so, il pretesco è difficile. Traduco: il cittadino è libero di professare la religione che preferisce, purché sia quella cattolica. Oplà!
Quando ero giovane gli speranzosi di sinistra dicevano: non moriremo democristiani! Pensavamo che prima o poi la DC avrebbe perso la maggioranza in parlamento, e che allora le cose sarebbero cambiate. Poveri illusi! Guarda adesso: datemi della qualunquista, se volete, ma chi voti voti, sono tutti agli ordini di Bush e di Ruini.

Maria Turchetto

 

 

Il Vernacoliere, dicembre 2005
La recensione del turco