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pubblicato in
L'Ateo, n. 5/2017 (114)
Ma
Scalfari, con chi ce l'ha?
Credo di sapere con chi
ce l’aveva davvero Eugenio Scalfari quando ha scritto l’articolo Atei
militanti perché sbagliate (L’Espresso, 23 luglio 2017) che
tanto sdegno ha suscitato nelle nostre file (e non solo: anche
MicroMega è insorta). Davvero con gli atei? Ne dubito, visto che gli
atei evocati e vituperati nell’articolo sono smaccatamente immaginari,
come molti hanno fatto notare. E allora con chi?
Secondo me bisogna fare un piccolo passo indietro per capirlo, un passo
di una quindicina di giorni, e andare a un altro articolo del Nostro,
pubblicato su la Repubblica l’8 luglio scorso: un articolo,
questo sì, davvero demenziale. Il titolista del prestigioso quotidiano
ha fatto del suo meglio per mascherarne il contenuto bislacco:
Scalfari intervista Francesco: “il mio grido al G20 sui migranti”.
In realtà a questo argomento sono dedicati solo tre brevi capoversi, il
resto è puro delirio. Tanto per cominciare, Scalfari si presenta come
uno che col papa è culo e camicia – si telefonano, si scambiano battute
sulla salute e sull’età, si danno consigli dietetici, si fanno visita
senza formalità alcuna – e già questo suona un tantino presuntuoso. Ma
poi Scalfari straborda proprio, non intervista il papa: fa
il papa e intervista se stesso. Discetta sull’unicità di Dio e sulla
divinità del Cristo, indica al papa chi proclamare beato e a chi
togliere la scomunica [1], alla fine gli spiega perfino come deve
riorganizzare il Sinodo dei vescovi.
Ora, a me tutto
questo fa simpatia. Sono secoli che papi, vescovi e cardinali ci dicono
come fare le leggi dello Stato, come organizzare i referendum e le
elezioni (e se possono anche come votare), come gestire l’istruzione e
la salute pubblica ... Se per una volta qualcuno va lì a dirgli come
governare il paradiso e il purgatorio e come riformare la Chiesa non
posso che farci sopra una risatina compiaciuta. Una risatina, appunto:
perché la faccenda è palesemente ridicola e Scalfari – che non dice
tutto questo per burla ma con compunta serietà – si rende palesemente
ridicolo.
L’esito di questo articolo è stato infatti una vera valanga
mediatica di parodie, satire, prese per i fondelli, frizzi e lazzi,
ovviamente non sempre rispettosi. Provare per credere: digitate su
google semplicemente SCALFARI FRANCESCO REPUBBLICA e – oltre al
testo dell’intervista che così potrete leggervi in originale – vedrete
quante impietose prese in giro saltano fuori. Si va dal riuscitissimo
fumetto di Disegni uscito su il Fatto Quotidiano a commenti che
definiscono “corbellerie” le dissertazioni teologiche del fondatore de
la Repubblica o che chiamano in causa la sua “demenza senile”, ci
sono addirittura giochini on line che invitano a votare “chi è
più papa” (per ora – la votazione è ancora aperta – Scalfari stravince
su Francesco con un abbondantissimo 88%), e poi caricature, fotomontaggi
che mostrano Scalfari seduto sul soglio pontificio in abiti papali ...
Insomma, di tutto e di più.
È chiaro che Scalfari se l’è presa. È un uomo strapieno di sé, ha un ego
veramente abnorme e non poteva certo restare indifferente a questo coro
di risate e sberleffi – tantomeno riderne a sua volta. Ecco perché due
settimane dopo se l’è presa con gli “atei” in modo così velenoso e
violento.
Gli “atei” che attacca non sono – chiaramente – atei “veri”: sono molto
più genericamente quelli che “insultano e vilipendono” a ogni piè
sospinto, sono i “provocatori, rissosi e calunniosi”, insomma quelli che
non hanno rispetto per nessuno, nemmeno per il papa, nemmeno per Dio e
nemmeno – apriti Cielo! – per Eugenio Scalfari, il quale proprio Dio non
sarà ma sta facendo del suo meglio per assomigliare almeno all’Essere –
parmenideo o eracliteo non ha ancora deciso.
Ecco che ci casco anch’io, ecco che lo prendo in giro, scimmia insolente
che non sono altro!
Il fatto è che quell’intervista le leva dalle mani, come si dice. È
irresistibile, fa più ridere di qualsiasi parodia ne abbiano fatto –
anche se da ridere, a pensarci bene, c’è poco. Perché non voglio dire
che gli ultranovantenni propriamente rimbecilliscano: a volte succede, a
volte invece restano lucidi e acuti. Ma inevitabilmente –
inevitabilmente, capiterà anche a noi ammesso che arriviamo a quell’età
– perdono il sostegno di alcuni paletti indispensabili a puntellare la
ragione: la memoria, il senso del tempo, il senso della misura. A
Scalfari è capitata una delle cose peggiori: ha perso il senso del
ridicolo, pover’uomo.
Maria Turchetto
Note
[1] Per la precisione, Scalfari
consiglia – con sofisticate argomentazioni – di beatificare Blaise
Pascal e di togliere la scomunica a Baruch Spinoza. Quest’ultimo
particolare mi fa sospettare che il resoconto dell’incontro sia in larga
misura un’“affabulazione” (non mi riferisco allo stile letterario ma al
disturbo cognitivo che porta a confondere realtà e fantasie). Mi sembra
strano, infatti, che un papa “vero” – non immaginario – non obbietti che
la scomunica (più precisamente il cherem) fu comminata a Spinoza,
ebreo, dalla comunità ebraica di Amsterdam e che dunque un’autorità
cattolica, anche la più alta, ci può fare ben poco.
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