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Materiali del seminario "Nuovi studi althusseriani"
- Venezia, 26 giugno 2017
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La traduzione di L. Althusser, Les vaches noires. Intervista immaginaria
Maria Turchetto
Il volume Les vaches noires è un’“intervista immaginaria”, o meglio un’autointervista:
un lungo testo con cui Althusser interviene nel dibattito che accompagna, nel
1976, il XXII congresso del PCF e in cui sono già intervenuti – sul punto che
sarà centrale anche nella riflessione althusseriana, la dittatura del
proletariato – Etienne Balibar e Dominique Lecour.
Tale dibattito – nota Althusser – si sta svolgendo secondo modalità inconsuete.
Il documento preparatorio non è una relazione né una serie di tesi da sottoporre
alla valutazione interna, ma una sorta di “manifesto” rivolto a “tutti i
francesi” che non sembra suscettibile di discussione da parte dei militanti. A
“tutti i francesi”, del resto, si rivolgono i dirigenti del partito attraverso
la radio e la televisione prima dello svolgimento del congresso. E i dirigenti –
scrive Althusser – “giocano con le parole” della tradizione comunista, in
particolare con l’espressione “dittatura del proletariato” di cui vogliono
disfarsi, perché evoca lo stalinismo, i gulag, il “regime” instaurato nei paesi
socialisti…
Le parole sedimentate in una dottrina sono diventate “cose”, “forze”, “realtà
oggettive”. Bisogna essere seri e non giocare con le parole, quando le parole
sono diventate cose serie.
Tanto più che “dittatura del proletariato” non è una semplice espressione
linguistica: è un concetto. Che non designa una forma di governo
(contrapposta alla democrazia), ma un rapporto di forza tra le classi:
la più libera democrazia borghese – dice Althusser citando Lenin – è una
dittatura di classe che, attraverso l’appareil (apparato/apparecchio)
dello Stato diventa potere. Lo Stato è una “macchina” che trasforma i rapporti
di forza in potere legittimo. Lo Stato, dunque, non è al di sopra delle classi,
non si identifica con l’“interesse generale”, ma è un apparato al servizio della
classe dominante: “come un cane, obbedisce solo al suo padrone”.
Intorno alla questione della “dittatura del proletariato”, vero cuore di questo testo, ruotano altri nodi cruciali. Lo statuto della teoria marxista, che non è una “filosofia” con pretese totalizzanti ma una scienza con un oggetto limitato (il modo di produzione capitalistico) e inevitabilmente esposta all’influenza dell’ideologia (che “avvolge la scienza dal suo inizio al suo più alto sviluppo”), per cui occorre portare avanti la “lotta di classe nella teoria”. La natura dello Stato e dei suoi apparati e la questione delle “libertà formali”: la “libertà” sbandierata oggi contro i “regimi comunisti totalitari” non è un valore metastorico ma una categoria specifica strettamente legata al diritto borghese, modellato sul rapporto di scambio. Il problema della “transizione” e delle sue forme politiche. Ancora, la necessità di smarcarsi dallo stalinismo, cioè da una “dittatura” nel senso politico del termine, non sposando i fantasmi ideologici delle “libertà democratiche” borghesi ma riflettendo seriamente, attraverso gli strumenti della teoria marxista, sulla natura sociale dell’Unione Sovietica.
In estrema sintesi, sono soprattutto due gli elementi di interesse di questo testo althusseriano – che il PCF rifiuterà di pubblicare. In primo luogo, Althusser si rende conto con grande lucidità che sta accadendo qualcosa di grosso, una svolta epocale: i partiti comunisti europei (non solo il PCF) abbandonano la connotazione di classe per presentarsi come “partiti di governo” (espressione coniata in quegli anni dal PCI) al servizio di tutti i cittadini. Parte di qui la deriva che ha portato allo scenario politico a noi contemporaneo, in cui davvero “tutte le vacche sono nere”. In secondo luogo, in questo testo Althusser ripercorre il proprio lavoro teorico (da Per Marx, a Leggere il Capitale, alla Risposta a John Lewis) mostrandone la posta in gioco politica. Per questo aspetto, il libro può rappresentare anche un’eccellente introduzione al pensiero dell’autore.
Alla traduzione di Les vaches noires vorremmo far seguire un’antologia di scritti politici di Althusser, proposta da Fabio Bruschi e Andrea Cavazzini. La collana “Althusseriana” intende dunque proporre una serie di pubblicazioni di Althusser politico: politico, non “filosofo della politica”. Non Althusser lettore di Machiavelli, Rousseau, Marx; ma Althusser direttamente impegnato nella propria congiuntura politica, quella degli anni Settanta. Si tratta di una politica che non esiste più – in questo senso Andrea Cavazzini scrive, nella prefazione al libro di Irene Viparelli, che “Louis Althusser è un oggetto archeologico”. Ma una politica che ha cominciato a non esistere, a sparire, a estinguersi proprio negli anni Settanta. Ed è forse il caso di chiederci finalmente perché.